mercoledì 18 luglio 2012

SANITA', RISPARMI MILIARDARI SE LE RGIONI SPENDESSERO COME LA LOMBARDIA

La spesa complessiva delle Asl italiane per i servizi "non sanitari" ammonta a 4 miliardi e 436 milioni . Se tutte le gestioni fossero responsabili si risparmierebbero 2 miliardi. Intanto i cittadini pagano

Daniela Ferro
ospedali

Le pulizie di un ospedale al Sud costano il doppio che al Nord. Una differenza di costi ancora più marcata se si prende in esame una Asl del Centro. Ma anche altri servizi come la mensa, le utenze telefoniche e perfino l’elettricità presentano enormi differenze da un ospedale all’altro della Penisola. Se bollette e spese per i servizi non sanitari fossero ovunque i meno costosi, ogni anno si potrebbero risparmiare quasi due miliardi di euro: per l’esattezza, un miliardo e 690 milioni. Il vantaggio è ancora più evidente se si considera che la spesa complessiva delle Asl alla voce “servizi non sanitari” ammonta a 4 miliardi e 436 milioni: in pratica, applicando ovunque le tariffe più convenienti il risparmio complessivo sarebbe pari al 38% di questa cifra.
AUMENTATE SOLO LE SPESE PER I SERVIZI NON SANITARI – I risparmi sulla sanità, che rappresenta la maggiore voce di spesa per le Regioni e una delle più alte a livello nazionale, tornano di attualità dopo l’annuncio del ministro della Salute, Renato Balduzzi, di possibili modifiche al meccanismo dei ticket sanitari. Non che il governo voglia rendere la sanità gratuita per tutti: l’abolizione del ticket sarebbe compensata dall’introduzione di tariffe proporzionali al reddito di chi richiede le prestazioni. Eppure, la sanità italiana potrebbe costare molto meno, e quindi farsi pagare meno ai cittadini.
In effetti, negli ultimi anni il costo complessivo della spesa ospedaliera, che incide per poco più della metà (il 51,6%) sul totale delle spese sanitarie, è rimasto sostanzialmente stabile. Mentre la spesa per l’acquisto di farmaci si è addirittura ridotta in misura significativa, grazie a nuove e più favorevoli convenzioni strette dalle Asl con i venditori. Ad aumentare sono state, e in maniera costante, soltanto le spese per i beni e servizi non sanitari: mense, riscaldamento, smaltimento dei rifiuti, energia, catering e tutte le altre voci che comporta la gestione di un ospedale.
OGNI DEGENZA COSTA 800 EURO AL GIORNO – Ogni giorno di degenza comporta per un’Asl una spesa di oltre 800 euro a paziente. Su questa somma, tolte le spese strettamente sanitarie e per l’acquisto di farmaci, i servizi non sanitari incidono mediamente per 63 euro al giorno, ma con marcate differenze da Regione a Regione. Se in Lombardia tale spesa si limita a 22 euro, in Umbria è quattro volte tanto (92 euro) e ancora maggiore in Friuli-Venezia Giulia (111 euro al giorno per paziente). E sì che proprio in Lombardia, dove la Sanità è gestita dall’assessore regionale Luciano Bresciani (Lega Nord), si riscontra la maggiore efficienza del Servizio sanitario nazionale, con le liste di attesa più brevi d’Italia e la maggiore soddisfazione degli utenti.
COSTI MINORI, SERVIZI MIGLIORI – «È la conferma - si legge in uno studio presentato in occasione del convegno “Anziani e Welfare: quale sostenibilità?” organizzato alla Camera dall’Osservatorio Terza Età , dell’Istituto Superiore della Sanità- che una corretta amministrazione, con una oculata politica dei costi dei servizi, libera risorse che si riversano positivamente sulle prestazioni più propriamente sanitarie». Come dire che costi minori fanno bene non solo al portafogli dei cittadini, ma anche all’efficienza e alla qualità delle strutture sanitarie.
Alcuni esempi sono lampanti. Alla Ulss di Pieve di Soligo (Treviso) le utenze telefoniche costano 580.000 euro all’anno, pari a 3,27 euro per giorno di degenza. All’Asl H di Roma la stessa bolletta pesa per quasi 2 milioni di euro all’anno, pari a 5,91 euro per ogni giorno di degenza. Ma alla Asp di Cosenza la spesa è ancora superiore, e di molto: ben 4 milioni e 271 mila euro di bolletta, cioè 20,10 euro spesi in media per ogni giorno di degenza.
Analoghe, enormi differenze di costi si registrano nelle tre Asl prese a campione per tutti i servizi non sanitari. I costi di lavanderia, ad esempio, risultano intorno ai 10 euro per degenza/giorno al Nord e al Centro, ma molto più modesti (6,60 euro) al Sud. Viceversa, i trasporti non sanitari costano in Calabria quattro volte che in Veneto, e a Roma quasi cinque volte tanto. Mentre smaltire i rifiuti costa di più al Nord che al Centro-Sud. Livellare ovunque tali costi alle tariffe più basse consentirebbe enormi risparmi: è la filosofia dei “costi standard” cui si ispira la riforma federalista dello Stato introdotta dal precedente governo e affossata da quello attuale.
«I CITTADINI PAGANO GLI INTERESSI DELLE LOBBY». «Due miliardi di risorse – tirano le somme gli autori dello studio, la onlus Ageing Society-Osservatorio Terza Età – vengono sottratte ai servizi sanitari da gestioni irresponsabili. Ciò sembra attestare l’impotenza dei politici prima e dei tecnici poi di fronte a sprechi del tutto evidenti e, forse, prodotti da torbidi interessi fra le potenti lobby che erogano i servizi, politici e pubblici amministratori».
Per il presidente di Ageing Society, Emilio Mortilla, «è evidente che, di fronte a quanto emerso dallo studio, l’indignazione e la rabbia degli anziani e dei diversamente abili, che subiscono più di altri gli effetti della crisi economica, dei tagli alle pensioni e ai servizi socio-sanitari, non può che essere altissima».


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