La spesa complessiva delle Asl italiane per i servizi "non sanitari"
ammonta a 4 miliardi e 436 milioni . Se tutte le gestioni fossero
responsabili si risparmierebbero 2 miliardi. Intanto i cittadini pagano
Daniela Ferro
Le pulizie di un ospedale al Sud costano il doppio che al
Nord. Una differenza di costi ancora più marcata se si prende in esame
una Asl del Centro. Ma anche altri servizi come la mensa, le utenze
telefoniche e perfino l’elettricità presentano enormi differenze da un
ospedale all’altro della Penisola. Se bollette e spese per i servizi non
sanitari fossero ovunque i meno costosi, ogni anno si potrebbero
risparmiare quasi due miliardi di euro: per l’esattezza, un miliardo e
690 milioni. Il vantaggio è ancora più evidente se si considera che
la
spesa complessiva delle Asl alla voce “servizi non sanitari” ammonta a 4
miliardi e 436 milioni: in pratica, applicando ovunque le tariffe più
convenienti il risparmio complessivo sarebbe pari al 38% di questa
cifra.
AUMENTATE SOLO LE SPESE PER I SERVIZI NON SANITARI – I risparmi sulla
sanità, che rappresenta la maggiore voce di spesa per le Regioni e una
delle più alte a livello nazionale, tornano di attualità dopo l’annuncio
del ministro della Salute,
Renato Balduzzi, di
possibili modifiche al meccanismo dei ticket sanitari. Non che il
governo voglia rendere la sanità gratuita per tutti: l’abolizione del
ticket sarebbe compensata dall’introduzione di tariffe proporzionali al
reddito di chi richiede le prestazioni.
Eppure, la sanità italiana potrebbe costare molto meno, e quindi farsi pagare meno ai cittadini.
In effetti, negli ultimi anni il costo complessivo della spesa
ospedaliera, che incide per poco più della metà (il 51,6%) sul totale
delle spese sanitarie, è rimasto sostanzialmente stabile. Mentre la
spesa per l’acquisto di farmaci si è addirittura ridotta in misura
significativa, grazie a nuove e più favorevoli convenzioni strette dalle
Asl con i venditori.
Ad aumentare sono state, e in maniera
costante, soltanto le spese per i beni e servizi non sanitari: mense,
riscaldamento, smaltimento dei rifiuti, energia, catering e tutte le
altre voci che comporta la gestione di un ospedale.
OGNI DEGENZA COSTA 800 EURO AL GIORNO – Ogni giorno di degenza
comporta per un’Asl una spesa di oltre 800 euro a paziente. Su questa
somma, tolte le spese strettamente sanitarie e per l’acquisto di
farmaci, i servizi non sanitari incidono mediamente per 63 euro al
giorno, ma con marcate differenze da Regione a Regione.
Se in
Lombardia tale spesa si limita a 22 euro, in Umbria è quattro volte
tanto (92 euro) e ancora maggiore in Friuli-Venezia Giulia (111 euro al
giorno per paziente). E sì che proprio in Lombardia, dove la
Sanità è gestita dall’assessore regionale Luciano Bresciani (Lega Nord),
si riscontra la maggiore efficienza del Servizio sanitario nazionale,
con le liste di attesa più brevi d’Italia e la maggiore soddisfazione
degli utenti.
COSTI MINORI, SERVIZI MIGLIORI – «È la conferma - si legge in uno
studio presentato in occasione del convegno “Anziani e Welfare: quale
sostenibilità?” organizzato alla Camera dall’Osservatorio Terza Età ,
dell’Istituto Superiore della Sanità- che
una corretta
amministrazione, con una oculata politica dei costi dei servizi, libera
risorse che si riversano positivamente sulle prestazioni più
propriamente sanitarie». Come dire che costi minori fanno bene
non solo al portafogli dei cittadini, ma anche all’efficienza e alla
qualità delle strutture sanitarie.
Alcuni esempi sono lampanti.
Alla Ulss di Pieve di Soligo
(Treviso) le utenze telefoniche costano 580.000 euro all’anno, pari a
3,27 euro per giorno di degenza. All’Asl H di Roma la stessa bolletta pesa per quasi 2 milioni di euro all’anno, pari a 5,91 euro per ogni giorno di degenza.
Ma alla Asp di Cosenza la spesa è ancora superiore, e di molto: ben 4 milioni e 271 mila euro di bolletta, cioè 20,10 euro spesi in media per ogni giorno di degenza.
Analoghe, enormi differenze di costi si registrano nelle tre Asl
prese a campione per tutti i servizi non sanitari. I costi di
lavanderia, ad esempio, risultano intorno ai 10 euro per degenza/giorno
al Nord e al Centro, ma molto più modesti (6,60 euro) al Sud. Viceversa,
i trasporti non sanitari costano in Calabria quattro volte che in Veneto,
e a Roma quasi cinque volte tanto. Mentre smaltire i rifiuti costa di
più al Nord che al Centro-Sud. Livellare ovunque tali costi alle tariffe
più basse consentirebbe enormi risparmi: è la filosofia dei “costi
standard” cui si ispira la riforma federalista dello Stato introdotta
dal precedente governo e affossata da quello attuale.
«I CITTADINI PAGANO GLI INTERESSI DELLE LOBBY». «
Due miliardi di risorse – tirano le somme gli autori dello studio, la onlus Ageing Society-Osservatorio Terza Età –
vengono sottratte ai servizi sanitari da gestioni irresponsabili.
Ciò sembra attestare l’impotenza dei politici prima e dei tecnici poi
di fronte a sprechi del tutto evidenti e, forse, prodotti da torbidi
interessi fra le potenti lobby che erogano i servizi, politici e
pubblici amministratori».
Per il presidente di Ageing Society, Emilio Mortilla, «
è
evidente che, di fronte a quanto emerso dallo studio, l’indignazione e
la rabbia degli anziani e dei diversamente abili, che subiscono più di
altri gli effetti della crisi economica, dei tagli alle pensioni e ai
servizi socio-sanitari, non può che essere altissima».